Un sorriso sano potrebbe nascondere molto più di quanto pensiamo. E se fosse proprio il dentista, oltre al medico di famiglia, ad individuare i primi segnali di rischio cardiovascolare? Un’innovativa ricerca italiana suggerisce che prendersi cura delle gengive può avere effetti benefici anche su cuore, metabolismo e pressione sanguigna.
Una revisione sistematica pubblicata sulla rivista Oral Diseases e condotta da un team di ricercatori italiani ha esplorato un tema affascinante: il potenziale impatto del trattamento parodontale non chirurgico sui parametri clinici della sindrome metabolica (MS).
Cos’è la sindrome metabolica?
Essa è una condizione caratterizzata da un insieme di fattori di rischio (tra cui ipertensione, iperglicemia, obesità addominale, dislipidemia, ecc.) che aumentano notevolmente le probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.
Ma cosa c’entrano i denti con tutto questo?
Secondo i ricercatori, molto più di quanto si pensasse fino a pochi anni fa. L’infiammazione cronica causata dalla parodontite, una forma avanzata di malattia gengivale, può alimentare l’infiammazione sistemica dell’intero organismo, influenzando in modo diretto alcuni dei parametri chiave della sindrome metabolica.
Un progetto multidisciplinare.
Lo studio è frutto della collaborazione tra la Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) e la Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), sotto il coordinamento del prof. Leonardo Trombelli. Un progetto nato con l’obiettivo di promuovere un approccio integrato tra dentisti e medici internisti per gestire meglio i pazienti a rischio cardiometabolico. In questo contesto è stato anche redatto un pratico decalogo rivolto ad entrambe le categorie sanitarie, per migliorare la comunicazione e la presa in carico condivisa.
Come è stata condotta la ricerca.
La revisione ha analizzato rigorosamente quattro studi clinici randomizzati (RCT), coinvolgendo 333 pazienti affetti contemporaneamente da parodontite e sindrome metabolica. I ricercatori hanno confrontato gruppi che avevano ricevuto trattamenti parodontali intensivi (inclusa la rimozione meccanica del tartaro sotto gengivale e, in alcuni casi, antibiotici sistemici) con altri che avevano ricevuto cure meno specifiche o nessun trattamento. Sono stati monitorati diversi parametri cruciali: glicemia a digiuno, emoglobina glicata, pressione arteriosa, trigliceridi, colesterolo HDL, circonferenza vita e livelli di proteina C-reattiva (CRP), un marcatore dell’infiammazione sistemica.
I risultati: denti puliti, pressione più bassa.
I dati hanno rivelato risultati sorprendenti:
• Una riduzione significativa della pressione arteriosa sistolica nei pazienti trattati intensivamente, con un calo medio di 1,88 mmHg già dopo 3 mesi e confermato a distanza di 6 mesi.
• Una diminuzione della glicemia a digiuno pari a 0,61 mg/dL a 6 mesi nei pazienti con terapia parodontale intensiva.
Sebbene questi numeri possano sembrare modesti, i ricercatori sottolineano che anche una riduzione di 2 mmHg della pressione sistolica può ridurre del 10% il rischio di mortalità per ictus. In altre parole, anche piccoli cambiamenti possono avere un impatto significativo sulla salute a lungo termine. Per altri parametri (come colesterolo, trigliceridi o circonferenza addominale) i risultati non hanno mostrato differenze statisticamente rilevanti. Tuttavia, l’effetto su pressione e glicemia apre la strada ad un nuovo approccio terapeutico più ampio.
Il dentista come “sentinella” del cuore.
Uno degli aspetti più innovativi di questo studio è il ruolo attribuito all’odontoiatra come sentinella del rischio cardiometabolico. Durante una normale visita odontoiatrica, un professionista attento potrebbe individuare segnali indiretti di condizioni sistemiche, come gengive infiammate, sanguinanti o retratte e suggerire controlli medici approfonditi.
“Il trattamento parodontale non è solo una questione estetica o locale — spiega il prof. Trombelli — ma può diventare uno strumento clinico utile per ridurre l’infiammazione sistemica e, potenzialmente, il rischio cardiovascolare”.
Implicazioni per la pratica clinica.
Questa revisione porta con sé un messaggio forte: la salute orale non deve più essere considerata separatamente dalla salute generale. Per i pazienti affetti da sindrome metabolica, ricevere cure parodontali regolari può diventare una forma di supporto non farmacologico per il controllo della pressione e della glicemia.
Per i dentisti tutto ciò, significa assumere un nuovo ruolo nel team sanitario, collaborando attivamente con medici di base, diabetologi e cardiologi.
In conclusione.
Sebbene siano necessari ulteriori studi con campioni più ampi per confermare questi risultati, il legame tra bocca e metabolismo appare sempre più stretto. La cura dei denti, quindi, potrebbe non essere più solo una questione di bellezza o prevenzione delle carie, ma un tassello importante per proteggere il cuore ed il sistema metabolico.
La prossima volta che visiterai il dentista, pensa che potrebbe fare molto di più che aiutarti a conservare un bel sorriso: potrebbe anche aiutarti a vivere più a lungo ed in salute.
Fonte: Effect of Periodontal Treatment on Metabolic Syndrome Parameters: A Systematic Review. Anna Simonelli, Filippo Citterio, Fabio Falcone, Francesco D'Aiuto, Nicola Marco Sforza, Salvatore Corrao, Giorgio Sesti, Leonardo Trombelli